Prima la Seconda Guerra Mondiale, a Varsavia si parlavano le lingue diverse: si sentiva il polacco ma anche l’yiddish o l’ebraico. Si dice che nella capitale polacca c’era la più grande comunità ebraica al mondo: dopo quella di New York! Poi… se avete visto il Pianista (un film di Roman Polanski), sapete quello che e’ successo a Varsavia durante l’occupazione nazista. E oggi? che c’e’ da vedere nel ghetto di Varsavia?
Oggi, a chi vuole visitare Varsavia ebraica, serve tanta immaginazione e una guida veramente brava a raccontare. Perché la maggior parte del patrimonio culturale degli ebrei di Varsavia non esiste più a causa della guerra. Ci invece sono le foto, libri, arte, un bel museo e tanti, tantissimi monumenti ai caduti, morti, deportati. Allora, che c’è da vedere nel centro di Varsavia per quanto il patrimonio ebraico?
L’itinerario “Varsavia ebraica” include il Monumento agli Eroi del Ghetto e commemorazioni su Umschalgplatz per capire il contesto urbano della storia delle deportazioni e della resistenza. Passeggiando o guidando per le vie del centro di Varsavia si scoprono gli originali frammenti del muro, quello creato nel 1940 per chiudere il quartiere o il ponte dei sospiri, cosi veniva chiamo il ponte di legno che univa le due parti del Ghetto.
Durante il giro si può visitare la Sinagoga Nożyk, l’unica sinagoga del centro città superstite alla distruzione del Ghetto nel 1943 e il grande cimitero ebraico in via Okopowa, che si estende su 33 ettari. Il cimitero è stato fondato nel 1806 ed è diventato il luogo di sepoltura d’élite della comunità ebraica. Per la gente meno facoltosa c’era un altro cimitero nel quartiere dell’Est, che purtroppo è stato quasi completamente distrutto. Oggi, sul cimitero in via Okopowa, negli inventari e registri ufficiali, ci sono circa 80 000 lapidi. Ma sappiamo che, durante la guerra, circa 100 mila morti dal ghetto di Varsavia erano sepolti nelle fosse comuni senza le tombe proprie.
Per scoprire la vita quotidiana del ghetto o in generale la storia degli ebrei polacchi bisogna andare al Museo Polin, che si trova nel impressionante palazzo creato un po’ meno di 4 anni fa. La mostra è divisa in 8 gallerie in ordine cronologico. La maggior parte della Galleria chiamata Olocausto è dedicata alla storia del ghetto, creato e distrutto dai tedeschi tra 1940 e 1943, ma le informazioni sulla comunità ebraica di Varsavia si trovano in ogni galleria dal medioevo fino ai tempi contemporanei.
Per capire perché’ oggi sappiamo cosi tanto della vita quotidiana nel ghetto bisogna vedere un altra mostra, quella allestita nell’Istituto di Storia Ebraica (the Jewish Historical Institute). A dire il vero, il palazzo dell’Istituto e’ speciale perché e’ una struttura originale, superstite alla guerra dove si trovava la Biblioteca Centrale degli Studi Ebraici. Oggi, sul pavimento del foyer si possono vedere i segni lasciati dall’incendio nei tempi della guerra. Invece, al primo piano, c’e’ da vedere la mostra sull’archivio clandestino del Ghetto creato da Emanuel Ringelblum e i suoi collaboratori, membri della Resistenza noti come gruppo “Oyneg Shabes” (“Gioia del Sabbath”). Il loro scopo era quello di documentare la vita quotidiana e poi, di raccogliere le testimonianze della Shoah. Ma come nascondere e salvare tutta la collezione durante la distruzione del quartiere? Nelle scatole di latte sepolte nelle cantine dei palazzi a Varsavia, ecco perché c’e’ ne una al centro della mostra.
La mia offerta
La visita guidata ai luoghi legati alla storia del Ghetto di Varsavia con la vista alla Sinagoga Nożyk, il Cimitero e l’Istituto di Storia Ebraica dura all’incirca 6 ore. Il tempo della visita dipende dal mezzo o mezzi usati per i spostamenti – quando si usano i mezzi pubblici come tram, autobus e metro servono più ore. La mia tariffa standard non include i biglietti d’entrata alla Sinagoga, il Cimitero, l’Istituto di Storia Ebraica o dei biglietti per i mezzi pubblici.
La vista al Museo Polin dura all’incirca 3 ore. L’itinerario completo, cioè con la vista guidata al Museo Polin, dura minimo 8-9 ore.
Sono una delle guide autorizzate a fare le viste al Museo Polin e l’Istituto di Storia Ebraica in lingua italiana e inglese.
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